Legittimo il licenziamento del lavoratore che durante l’aspettativa per motivi familiari svolge attività lavorativa. Così ha deciso la Cassazione con ordinanza n. 19321/2022.
Il lavoratore in aspettativa per gravi motivi familiari ha lavorato presso l’attività del coniuge, e per tale ragione è stato licenziato. Questi si è ovviamente opposto al provvedimento del datore, sostenendo che l’aspettativa concessa non aveva comportato benefici economici o costi per la collettività, e neppure conseguenze per il suo datore di lavoro, in quanto non aveva avuto la necessità di sostituirlo.
Al contrario, per la corte, come per i giudici di merito, sussiste il giustificato motivo soggettivo. Infatti, a nulla rileva che abbia prestato la propria opera presso l’impresa del coniuge.
La gravità dell’inadempimento si basa sulla violazione del divieto di svolgere, nel periodo di tempo dell’aspettativa concessa per gravi motivi familiari, qualsiasi attività lavorativa. Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è stato ritenuto proporzionato a tale inadempimento, applicando le relative clausole generali in relazione all’espresso divieto normativo.