La scarsa produttività del dipendente per ragioni di salute non giustifica il licenziamento.
Un collaudatore di piatti doccia, al quale il medico competente aveva riconosciuto l’idoneità al lavoro con prescrizioni, era stato licenziato per sopravvenuta inidoneità fisica che avrebbe ridotto eccessivamente la sua produttività (all’incirca del 40%), facendo venir meno l’interesse alla prosecuzione del rapporto. La Corte d’appello aveva dichiarato l’illegittimità del provvedimento espulsivo, rilevando come le misure indicate dal medico competente – l’effettuazione di un maggior numero di pause e l’uso della mascherina respiratoria per le operazioni comportanti maggiore dispersione di polveri – rientravano nella categoria degli “accomodamenti ragionevoli”, nel senso di tecnicamente possibili e non eccessivamente costosi, che, secondo la normativa nazionale ed eurounitaria di protezione dei lavoratori in condizione di handicap, il datore di lavoro è tenuto ad adottare al fine di consentire al dipendente divenuto disabile di continuare a svolgere le proprie mansioni. La Cassazione con ordinanza 13 novembre 2023, n. 31471 , nel rigettare il ricorso del datore di lavoro, osserva che, quand’anche la conservazione del rapporto di lavoro comporti costi aggiuntivi in considerazione di una ridotta produttività dovuta a ragioni di salute, ciò non è di per sé sufficiente a escludere la possibilità di adottare accomodamenti ragionevoli (che possono consistere anche nell’adibizione del lavoratore a diverse mansioni, pure inferiori), la quale viene meno solo laddove essi comportino un sacrificio economico sproporzionato del datore di lavoro.