Il buono pasto è una agevolazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, non rientra perciò nel trattamento retributivo in senso stretto e quindi la sua erogazione può essere variata unilateralmente dal datore di lavoro, sempreché il benefit non sia stato inserito nella contrattazione collettiva o in accordi sindacali, anche aziendali. (Cass. ord. n. 16135/2020. V. anche sent. Cass. nn. 14290/2012, 10354/2016, 14388/2016, 23303/2019)
I ticket sono erogabili dal datore di lavoro esclusivamente ai prestatori di lavoro subordinato (a tempo pieno o parziale), anche quando l’orario di lavoro non prevede una pausa pranzo e ai soggetti che hanno instaurato un rapporto di collaborazione anche non subordinato. L’Agenzia delle Entrate ritiene che la somministrazione di vitto da parte del datore di lavoro debba comunque interessare la generalità dei dipendenti o intere categorie omogenee di essi (Circ. Ministero delle Finanze n. 326E/1997, par. 2.2.3);
Giova ricordare che sono utilizzabili solo dal titolare, non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di 8 buoni, né commerciabili o convertibili in denaro, sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore non potendo ricevere il “resto”.
Il lavoratore non può utilizzare nella stessa giornata lavorativa sia il servizio mensa messo a disposizione dall’azienda che il ticket. (Circ. Ministero delle Finanze n. 326E/1997, par. 2.2.3).
I buoni pasto non danno diritto ad esenzione se erogati nelle domeniche e nelle festività non lavorate, durante le ferie, in caso di malattia o infortunio o nei periodi di aspettativa
Si ricorda che, se il buono cartaceo supera il valore nominale di 4 euro e quello elettronico supera il valore nominale di 8 euro, la quota eccedente risulta imponibile.