Tra le positive novità contenute nel D.L.vo n. 105/2022 spicca quella che amplia le tutele del genitore padre in un’ottica di valorizzazione del diritto alla genitorialità e del diritto ad una responsabilità condivisa nella cura della famiglia.
Per ben comprendere il significato della nuova norma occorre leggere, con attenzione ciò che afferma l’art. 27-bis del D.L.vo n. 151/2001, introdotto, nel “corpus” di quest’ultimo, dall’art. 2, comma 1, lettera c) del D.L.vo n. 105/2022: esso parte con una affermazione di diritto (che, per essere esercitato, va richiesto). Il padre lavoratore, dai due mesi antecedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via continuativa. Il congedo è fruibile, nello stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio: tale periodo, come precisato dall’INPS con la circolare n. 42/2021, decorre dalla ventottesima settimana di gestazione fino ai primi dieci giorni successivi alla nascita.
Per fruire del congedo di paternità si deve comunicare per iscritto al proprio datore, con un anticipo non inferiore ai cinque giorni, in relazione all’evento nascita e sulla base della data presunta del parto, il giorno o i giorni nei quali intende usufruire del congedo: la contrattazione collettiva può stabilire condizioni di miglior favore anche in relazione al tempo della richiesta. La richiesta scritta può essere sostituita dalla utilizzazione, ove presente in azienda, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze.
Il congedo di paternità ha effetti anche sulla normativa relativa al divieto di licenziamento previsto dall’art. 54 che, infatti al comma 7 si è “arricchito” con il congedo obbligatorio per paternità. Esso si applica per la durata dello stesso (ossia a partire dal primo giorno di fruizione) e fino al compimento di un anno di età del bambino: tale appare l’interpretazione letterale della norma.
Il licenziamento è nullo, con tutte le conseguenze del caso, sia alla luce dell’art. 18 della legge n. 300/1970 che dell’art. 2 del D.L.vo n. 23/2015.